Mostra: Idee per vendere. Spazi del commercio tra architettura e arte negli anni Trenta
Giovedì 19 dicembre verrà innaugurata la Mostra "Idee per vendere. Spazi del commercio tra architettura e arte negli anni Trenta" presso la sala espositiva di Via Regina 41/A in Cernobbio .
Nel dicembre 1930 appare per la prima volta sulle pagine della rivista "Casabella" la rubrica La città che si rinnova - che continua nel 1932 con il titolo Città 1932 - volta a documentare il rinnovamento edilizio delle città italiane senza privilegiare le «opere di una sola scuola o di una sola tendenza», bensì con attenzione a «tutto quello che può costituire un indice di modernità coerente ed equilibrata». All'interno della rubrica compaiono soprattutto interni di negozi, bar e altri ritrovi selezionati da Edoardo Persico per documentare l'affermarsi in Italia di una nuova tendenza in architettura.
Con l'obiettivo di mettere a fuoco i rapporti tra architettura e arte negli anni Trenta, il catalogo e la mostra si propongono di documentare il rinnovamento dell'estetica del negozio, che coinvolse progettisti di talento, ma anche artisti e pubblicitari, rappresentando un'occasione per sperimentare soluzioni spaziali e di arredo innovative: dal famoso bar Craja a Milano di Baldessari, Figini e Pollini, ai negozi di penne stilografiche Parker, progettati da Persico in collaborazione con Marcello Nizzoli, agli interventi di Pietro Lingeri, alle opere di Gio Ponti, dei BBPR, di Franco Albini, di Piero Bottoni, di Giuseppe Terragni, di Guglielmo Ulrich, di Asnago e Vender. Esempi celeberrimi ed episodi meno noti: dai negozi di Cesare Scoccimarro e di Antonio Cassi Ramelli, alle opere di uno "specialista di negozi" come Melchiorre Bega, che intrattenne rapporti privilegiati con molte aziende, tra cui la Motta e la Perugina, ai progetti di Angelo Bianchetti e Cesare Pea che lavorarono per la ditta di calcolatrici Lagomarsino, realizzando all'inizio degli anni Quaranta negozi in tutta Italia. Tra questi vanno ricordati, naturalmente, anche i negozi monomarca della Olivetti, illustrati a partire da quello realizzato a Torino alla metà degli anni Trenta dall'artista Xanti Schawinsky, ex-allievo del Bauhaus, da considerarsi il primo di una lunga serie di spazi commerciali che nei decenni successivi vedrà la collaborazione di architetti e artisti con un'azienda celebre per la sua attenzione alla comunicazione visiva e al design di qualità.
Attraverso la presentazione di casi significativi - illustrati con riproduzioni di disegni, fotografie, libri e riviste d'epoca - la mostra e il catalogo che l'accompagna intendono proporre una panoramica di perfette «macchine da vendere», espressione dello «stile dell'artista» e non della «pratica volgare del comune decoratore», come si legge sulle pagine di "Domus". Per la prima volta si approfondisce il ruolo dei tanti progettisti coinvolti, nonché dei loro committenti, mettendo in evidenza, da un lato, le relazioni esistenti tra le diverse discipline (architettura, arte, grafica, design, comunicazione visiva, pubblicità), dall'altro, i riferimenti stranieri e le innumerevoli intersezioni tra negozi, allestimenti espositivi e fieristici, arredamenti degli spazi domestici "moderni".
La mostra si basa su una ricerca e su un lavoro di schedatura, condotto su fonti a stampa dell'epoca, in particolare riviste di architettura come "Casabella" e "Domus", che dedicarono fin dalla loro nascita, nel 1928, un'attenzione costante ai nuovi spazi di vendita. La ricerca ha riguardato anche le riviste "Rassegna di architettura", "Architettura", "Edilizia Moderna", e le riviste come "Per vendere", pubblicata a Torino nel 1931 e dedicata a «tutti i problemi della vendita e dell'organizzazione commerciale», o "L'ufficio moderno", stampata a Milano dal 1926, che, nell'ambito del tema generale dell'organizzazione scientifica del lavoro, si occupava di modernizzazione dei sistemi di vendita e della comunicazione di azienda, e quindi anche di "negozi moderni". A queste fonti si sono aggiunti repertori, con caratteri di veri e propri manuali, predisposti, tra anni Trenta e anni Quaranta, da progettisti di negozi, come Mario Labò e Angelo Bianchetti e Cesare Pea, nonché materiali conservati in archivi professionali, in particolare quelli dell'architetto Melchiorre Bega e di Angelo Bianchetti. La consultazione sistematica di tali fonti ha consentito di ricostruire una rassegna di interventi, che, salvo rare eccezioni, sono andati distrutti, ma che possono offrire spunti di riflessione per tutti coloro che sono interessate alla storia dell'arte e dell'architettura - ma anche alla storia delle aziende, della comunicazione e della pubblicità - e possono costituire ancora fonti di ispirazione per chi oggi si occupa di "retail design".
Chiara Baglione